Nell’anno 2000 al vertice di New York dell’ONU, è stata sottoscritta la “United Nations Millennium Declaration” con l’ambizioso obiettivo di ridurre in modo consistente la percentuale della popolazione mondiale che soffre la fame. Tuttavia, oltre alla richiesta di cibo in quantità sufficienti da parte di chi attualmente non ne dispone, la crescita della popolazione mondiale, l’urbanizzazione e l’incremento delle classi medie hanno ulteriormente aumentato la domanda globale di cibo, e in particolare di fonti di proteine animali. La produzione tradizionale di alimenti per l’uomo e di mangimi per gli animali, compresi quelli da compagnia (farina di pesce, soia e cereali), necessita dunque di essere intensificata, di maggiore efficienza e di uso di fonti alternative, in un’ottica di rendere sempre più sostenibile la produzione. Dalla sua nascita, il Centro per lo Sviluppo Sostenibile, è impegnato nel dare il proprio contributo alla sfida per rendere possibile l’aumento della produttività alimentare per mezzo di fonti alimentari sostenibili. Ormai da lungo tempo la FAO sostiene che nella lotta alla fame nel mondo gli insetti commestibili avranno un ruolo importante sia nell’alimentazione umana che in quella animale e rappresentaranno una risposta concreta al problema di produrre più cibo riducendo l’impatto ambientale. Gli insetti rappresentano infatti una fonte di proteine e grassi più efficiente rispetto agli altri animali tradizionalmente allevati e possono essere utilizzati per decomporre i rifiuti. Circa 1.900 specie di insetti sono citate in letteratura come “commestibili” e usate abitualmente come cibo dall’uomo. Sono tuttavia necessarie nuove e continue ricerche per ottimizzare i sistemi di allevamento e verificare gli eventuali rischi per la salute e per l’ambiente. Gli insetti commestibili rappresentano dunque un'alimentazione sana a bassa impronta ambientale: il loro allevamento emette meno gas serra e ammoniaca rispetto all'allevamento bovino e suino (Oonincx et al.) e richiede meno terra (Oonincx e de Boer). L'allevamento di insetti può avvenire anche sui flussi di rifiuti organici e, in quanto tali, enormi quantità di cereali e semi di soia attualmente utilizzati come mangime per animali potrebbero essere resi disponibili per il consumo umano diretto. L'allevamento di insetti può essere fatto non solo in unità di produzione su larga scala, ma anche su piccola scala (micro allevamenti). Infine, occorre considerare che gli insetti hanno un'efficienza di bioconversione fino a quattro volte superiore a quella dei bovini e hanno un ciclo di riproduzione molto veloce. Dunque, mentre gli insetti commestibili fanno da lungo tempo parte della dieta di circa due miliardi di persone in tutto il mondo (FAO; Van Huis), in Occidente rappresentano un nuovo "superfood" proteico per un numero di consumatori ancora piuttosto limitato (Fellows), ma destinato a crescere velocemente, non appena la sarà completata la sperimentazione necessaria a prevenire i rischi per la salute umana e per l’ambiente. Dal 1° maggio 2017 la Svizzera ha inserito tra i prodotti commercializzabili senza un’autorizzazione specifica tre specie di insetti (T. molitor nella fase larvale, Acheta domesticus nella fase adulta, Locusta migratoria). Nell’UE, invece, in attesa dell’approvazione di applications riguardanti prodotti alimentari a base di insetti commestibili, potranno continuare ad allevare e somministrarli (in deroga per tutto il 2019) solamente i Paesi che già lo facevano alla data di entrata in vigore del regolamento europeo (Belgio, Olanda, ecc.) Poco o nulla, per ora, è stato invece previsto per quanto riguarda i rischi ambientali derivanti dagli allevamenti di insetti commestibili.
Il progetto MAIC per:
definire un modello sostenibile e replicabile per produrre proteine animali dagli scarti (prodotti non utilizzati o di scarso valore) dei settori agricolo e agroalimentare; verificare gli eventuali rischi per la salute umana e per l’ambiente nella gestione di un allevamento industriale di insetti commestibili; diffondere un’informazione scientificamente corretta e attenta ai temi dell’economia circolare e della sostenibilità, per quanto riguarda l’allevamento e la trasformazione alimentare di insetti commestibili. L’allevamento di base è stato allestito in uno stabulario dell’Università degli Studi di Milano Lo spazio è suddiviso in tre stanze:
- incubazione delle uova. In questa stanza vengono mantenute le uova dopo essere state deposte dalle femmine in appositi contenitori. Le neanidi vengono mantenute per circa 10 giorni in questa stanza prima di essere trasferite nell’ambiente di sviluppo e crescita. La temperatura della stanza è di circa 30°C, umidità 60% e fotoperiodo 12:12.
- sviluppo e crescita. Qui vengono mantenuti i contenitori, di seguito descritti, con le neanidi e gli adulti. La temperatura si aggira sui 28°C con un’umidità del 40% e un fotoperiodo 12:12.
- lavaggio e cucina. Questa stanza viene usata per la preparazione delle diete, la sanificazione dei materiali e degli attrezzi, la misurazione e raccolta dei dati (peso grilli, raccolta scarti etc…). e infine per la cottura, disidratazione e macinazione dei grilli per la produzione di farina.
Dall’allevamento avviato nell’estate 2018, si ottengono nuovi esemplari di acheta che possano successivamente essere utilizzati nelle prove sperimentali. Per la crescita degli acheta sono state utilizzate casse in plastica rigida di dimensione 71x46x35 cm. Al fine di aumentare la superficie disponibile per gli insetti, sono state aggiunti sostegni di cartone ottenendo una superficie ampia che ha consentito di evitare lo stress, e quindi fenomeni di cannibalismo, dovuto ad un’eccessiva densità di popolazione. All’interno di ogni cassa, oltre al sostegno in cartone, viene somministrata una fonte alimentare costituita da mangime, fornito ogni 2/3 giorni, e un abbeveratoio per l’acqua sostituita regolarmente. Alla comparsa degli adulti vengono introdotti nelle casse degli allestimenti per la deposizione delle uova costituiti da contenitori di terra inumiditi per evitare la disidratazione delle uova. La deposizione di queste ultime avviene per circa 1 o 2 settimane. I contenitori delle uova vengono poi spostati nella camera di incubazione dove dopo 10 giorni circa nascono le nuove neanidi. Nel corso del Progetto sono stati sperimentati diversi substrati di crescita, tutti di origine vegetale, al fine di individuare quelli più adatti allo sviluppo di Acheta domesticus, tra quelli disponibili in un’ottica di economia circolare. Inizialmente sono stati presi in considerazione sottoprodotti disponibili presso le aziende agricole e agroalimentari individuate e da queste ritenute prodotto “non vendibile” o “di valore commerciale irrilevante”. Come dieta di confronto è stato utilizzato il mangime per ovaiole, oggi ampiamente impiegato per l’allevamento massale di acheta domesticus in altri paesi europei. Tale substrato consente una crescita ottimale di acheta domesticus sia in termini di tempo che di biomassa prodotta, ma non rappresenta un alimento sostenibile dal punto di vista ambientale ed economico. Poiché su alcuni substrati in purezza (vinaccia, frutta + verdura, trebbie) non sono stati raggiunti livelli soddisfacenti di crescita e sopravvivenza dell’insetto, si è deciso di eliminare da future sperimentazioni l’uso in purezza di questi substrati, ma di verificare successivamente la possibilità del loro impiego all’interno di una formulazione mangimistica completa, sempre con l’obiettivo di trasformare in proteine di ottima qualità prodotti dell’agricoltura altrimenti destinati a essere scartati e/o non utilizzati.. I substrati utilizzati per l’allevamento nel primo anno, oltre ad essere stati caratterizzati dal punto di vista nutrizionale con analisi sulla composizione, sono stati testati anche dal punto di vista della sicurezza alimentare con analisi microbiologiche e chimiche per valutare l’eventuale presenza di microrganismi patogeni e il livello di contaminazione. Relativamente alla presenza di metalli pesanti (Pb, Cd, As) nei substrati analizzati si può affermare che, a seconda dei substrati considerati, se il Cadmio risulta presente sempre a livelli ridotti, Piombo e Mercurio sono stati quantificati con livelli fino a 1.08 mg/Kg per il Piombo e fino a 0.4 mg/Kg per l’Arsenico. In tutti i casi i livelli sono risultati al di sotto di quelli previsti per i mangimi da utilizzarsi nell’alimentazione degli animali destinati alla produzione di alimenti.
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